sabato, settembre 24, 2005

Un tempo...

Un tempo era tutto più complesso. I principi più saldi, meno libertà sessuale. Ai tempi dei nostri nonni il corteggiamento era una fase complicata, si doveva intercedere presso i genitori per avere in cambio la mano della bella figlia. Ora è tutto più facile, si può cambiare partner con la velocità con cui si cambiano le mutande (cosa che tutti auspichiamo, il continuo ricambio della biancheria inFima). Ed è forse per questo che il concetto del PerSempre è un passo assai duro da digerire. Tutto ciò che ci vede mettere firme su azioni che dureranno PerTuttaLaVita sono sempre una grande fonte di paure. La meraviglia delle prime frequentazioni è spesso spezzata dal timore che la cosa possa IMPROVVISAMENTE diventare troppo seria.
E' questa la storia di Tizia e Tizio. Tizia, diciamocelo francamente, è un pò allergica ai rapporti a lunga scadenza. E' rimasta scottata da un precedente rapporto. Tizio è invece un bravo ragazzo, uno di quelli spassosi, ma anche uno di quelli che esce con le Tizie e non ci prova mai la prima sera, e neanche la seconda.
La terza vanno al cinema, ad un orario desueto, le 18:30. L'orario dei bambini. L'orario in cui l'OminoTraIlPrimoESecondoTempo non porta i gelati e le cipster, ma leccalecca e zucchero filato. Tizia non capisce come mai Tizio abbia insistito per quell'orario. Ed alla fine del film la rotta è preoccupante. Sono sotto casa di lui.
"Ceniamo insieme a casa mia? Vorrei farti conoscere i miei gen..."
Tizia sbianca in viso. Comincia a intravvedere il paurosissimo PerSempre affacciarsi alla finestra della sua vita. Si sente soffocare, vorrebbe uscire dalla macchina ed urlare al mondo, che "No! La Libertà è sacrosanta!".

"Ceniamo insieme a casa mia? Vorrei farti conoscere i miei genitali, i miei sono fuori per il weekend!"
Un sospiro di sollievo, ed il preannunciarsi di una serata niente male. Pericolo scampato.
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sabato, settembre 17, 2005

Settantasette passi

Era accaduto quello che immaginava, c'era da aspettarselo. Non sentiva. Non vedeva o non voleva vedere. Chi lo guardava, non capiva cosa stesse succedendo a Qualcuno.Sguardo spento, perso in una fissità quasi patologica. E camminando urtava persone, cose, fors'anche animali. Non chiedeva scusa poichè non era cosciente dell'impatto. Attorno a lui soltanto un paesaggio indistinto, senz'anima, e senza anime a popolarlo.Accadeva questo, in una mattina nuvolosa agli inizi di un novembre di un annoqualunque.In un paio d'ore era divenuto un fenomeno da baraccone. Dapprima grazie alla sua camminata goffa, ed il percorso strenuamente e inquietantemente ripetuto alla nausea. Settantasette passi contati tra la seconda panchina (a destra del cartello "rispettate la Natura, non solo quella umana") e l'abete secolare, andatura costante e sguardo perso tra il cielo ed un telefono cellulare.

Di certo Qualcuno era cosciente del fatto che il parco a quell'ora era affollato di bambini che accompagnavano i nonni per una salubre passeggiata. Ed era cosciente che il parco ospitava anche giovani studenti che trovavano maggiormente attraente sfogliare un libro immersi nel verde di un parco, piuttosto che nell'edificio postmoderno che ospitava l'università polifunzionale poco distante da lì. Ed aveva paura, perchè durante il suo attendere vedeva solo chiazze d'alberi e panchine confuse. Nessuna anima viva, pur essendo cosciente che intorno a lui qualcuno doveva esservi. Il problema nasceva dalla sua mente malata, ma sapeva che aspettare era l'unica medicina possibile. Certi temerari avevano persino tentato di frapporsi sul suo abituale tragitto per vederne la reazione. Era un trattore. Arrivava alla sua meta scostando con una forza disumana coloro che gli ostruivano la via, nonostante il suo fisico esile. Oh, se era esile. Personaggio dall'aspetto misero, minuto, alto tanto da rendergli accessibile meno di un decimo della popolazione femminile mondiale.

"Hey tu! Ferma!" gli gridavano all'orecchio. E lui non batteva ciglio.

L'anziana signora voleva chiamare la polizia, ma il giovane studente di psichiatria la lasciò desistere con un approssimativo "vediamo cosa succede". Era come se ad uno storico avessero chiesto di consegnare il reperto archeologico appena trovato alle autorità competenti.
"Signora, vede? Guardi il suo sguardo fisso, noti il percorso ripetuto con incessante dedizione. E' una tipica distorsione della personalità che si riflette sulla deambulazione. Probabilmente si trova in uno stato di trance indotto da un trauma pregresso"
"Quanti inutili paroloni, a me sembra solo un pazzo fuggito da una clinica psichiatrica! Santo cielo, dovremmo fare qualcosa!".
Passarono due secondi e forse qualche altro decimo da quell'ultima frase, quando un cellulare squillò. Era il cellulare di Qualcuno.Quel suono lo bloccò dal suo ipnotico incedere.
Guardò il numero, finiva per settantasette settantasette.
Rispose.
"Addio" disse la voce dall'altro lato del telefono.
Chiuse.
Mentre una lacrima gli rigava il volto, una folla di gente gli apparve intorno.
"Scusate" disse. E andò via senza dire null'altro.
Eppure era stato avvertito. La mamma l'aveva cresciuto rammentandogli in continuazione di come l'amore renda ciechi.

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martedì, settembre 13, 2005

E' meglio che non lo si dica in giro

Risultare uno dei vincitori per aver scritto un raccontino, parto di mezz'ora di follia creativa, su un sito per teenager. Di sesso femminile. Tra una prima volta ed un problema irrisolubile (come quello della ragazzina che pensava che un assorbente interno potesse disperdersi nel corpo una volta inserito?).
Bisogna essere aperti alle nuove esperienze, ma pubblicare il link no.
Preferisco copincollarlo su un post. Non ora.
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domenica, settembre 11, 2005

Chirurgia AntiEstetica

Immaginate questa ragazza ventenne, un corpo da modella, un viso perfetto. Due occhi azzurromare su un carnagione mediterranea. Attende in una sala bianca, muri bianchi, poltrone bianche, soffitto bianco. Il pavimento non lo guarda neppure. È troppo altezzosa e sicura di sé, e le hanno insegnato a guardare sempre dritto, con estrema fierezza. Un signore la chiama per nome dalla porta di fronte.
Prego si accomodi.
E soprattutto si lasci guidare.
Se mettessimo due o tre rughette vicino agli occhi?
E facessimo comparire un po' di borsette?
E il collo, appena appena più flaccido e privo di tono?
Oh, mi creda. A cinquant'anni tutti le diranno 'Ma lei è tale e quale a trent'anni fa!'
Non le sembra un miracolo?

"Vittima dell'inganno di questo secolo... Che rincorre il mito di forme avvenenti e di chirurgia estetica" C.Consoli
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sabato, settembre 10, 2005

Milan Dixit

"In questo paese la gente non apprezza il mattino. Si fanno svegliare di prepotenza da una sveglia che spezza il sonno come un colpo di scure e si abbandonano subito a una fretta funesta. Come può andare una giornata che comincia con un simile atto di violenza? Cosa può esserne di persone che giornalmente ricevono, per mezzo di una sveglia, un piccolo elettroshock? Ogni giorno che passa si abituano alla violenza e disapprendono il piacere. E' il mattino che decide del temperamento di un uomo" ....... "Io, invece, amo talmente queste ore di ozio mattutino, in cui passo lentamente, come per un ponte pieno di statue, dalla notte al giorno, dal sonno alla veglia. E' il momento della giornata in cui darei non so che cosa per un piccolo miracolo, per un incontro inatteso che mi persuadesse che i mei sogni notturni continuano e che l'avventura del sonno e quella del giorno non sono separate da un abisso."
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lunedì, settembre 05, 2005

Tutto iniziò con un mal di stomaco...

Il dilemma è...
Sarà stato il kebab?
O il sushi di ieri l'altro?
O qualche microparticella infetta sarà penetrata nell'organismo durante l'ultima pulizia di denti?
O furono le patate transgeniche del McDonaldDuck?
La risposta è....
Non importa se tu sia bianco, nero, giallo. Ma se ti svegli in Turchia, portati un antidiarroico.
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